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Dal «moderno» al «contemporaneo». I «segnali» dell’arte

Una possibile analisi dell’attività espressiva contemporanea potrebbe anche iniziare – distanziandosene e volgendosi indietro – col riesame, dal versante strettamente letterario, di aspetti essenziali dell’Ottocento (il ‘Moderno’) e del Novecento (il ‘Contemporaneo’), qui intesi come antecedente strettamente legato alla genesi di quella ‘fine’ della forma sancita dagli sperimentalismi e imperniata, con differenti ma ricorrenti posizioni teoriche, sul ‘rifuto’ della ‘persona’, del ‘soggetto’, dell'”io” dell’Autore.Proprio questo rifiuto e, quindi, quest'”assenza” intenzionale, ostentata e programmatica, in atto ormai da più di un secolo, forse non rende gratuito, allora, l’allontanamento dal contingente momento creativo (pittura, poesia, prosa, musica…) probabilmente ormai ridotto a ‘segnale’ o ‘avviso di pericolo’ – che l’arte, esaurito appunto il potere equilibrante dell’Autore, ‘contrabbandiere’ di “valori”, lancia come solo può, ‘oscurando’, ‘deformando’ il suo linguaggio – di un assai più grave malessere esistenziale (testimoniato, perché no, anche storicamente dalle atroci evenienze del ‘900), così autorizzando il ricorso ad altri studi di natura non più solo artistico-estetica…

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