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Neurofisiologia Eccitabilità cellulare

Autori: P. Cavallari
Titolo: Neurofisiologia Eccitabilità cellulare
Casa editrice Piccin
Pagine 136, Rilegatura Brossura
Edizione, 2018
Codice ISBN: ‎9788829929146

16,62 

COD: 9788829929146 Categorie: , ,

Descrizione

Neurofisiologia Eccitabilità cellulare

La neurofisiologia studia le funzioni del sistema nervoso analizzando organi interi, gruppi di neuroni, singole cellule o compartimenti subcellulari. Un neurofisiologo è quindi in grado di affrontare una serie di questioni scientifiche spaziando da singole molecole ad interi sistemi neuronali. Caratteristica unificante di questa disciplina è l’interesse per i meccanismi che determinano il trasferimento di informazioni tra neuroni e la loro integrazione nell’ambito di reti più o meno vaste. Questo materia è importante non solo per capire i processi che determinano il pensiero ed il comportamento umano, ma anche per diagnosticare e trattare i disturbi legati al malfunzionamento del sistema nervoso.
Scopo di questo libro è fornire agli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia una solida base neurofisiologica, indispensabile per affrontare l’ambiente clinico. In questo volume vengono descritti i meccanismi che regolano l’eccitabilità cellulare del tessuto nervoso e muscolare, soffermandosi anche su problemi tuttora irrisolti. Sono inoltre illustrate le principali tecniche usate per indagare il comportamento sia di singole cellule, sia di vaste regioni del cervello. Vengono infine delineate alcune applicazioni cliniche della ricerca neurofisiologica. Lo studente troverà nel testo richiami anatomici (box rosa) o fisico-chimici (box arancio), approfondimenti di neurofisiologia (box verdi) e cenni di clinica (box azzurri). In numerosi capitoli sono inoltre fornite informazioni storiche (box marroni).
A chiusura di questa presentazione, una piccola riflessione su una domanda che mi sono posto svariate volte nel corso della carriera: cosa ci rende umani?
Secondo Michael Gazzaniga, professore di psicologia all’Università della California e direttore del centro SAGE per lo studio della mente, ciò che rende l’uomo unico è che1 abbiamo un cervello più grande di quello atteso per una scimmia, che abbiamo una neocorteccia che è tre volte più grande di quanto previsto per le nostre dimensioni corporee, che abbiamo alcune aree della neocorteccia e del cervelletto che sono più grandi del previsto, che abbiamo più sostanza bianca di …, e via di seguito. Ma dal momento che il cervello umano non è il più grande tra quelli presenti sulla Terra, le capacità cognitive dell’uomo, indubbiamente superiori, non possono essere messe solo in relazione con un parametro così limitativo come la dimensione del cervello. Il dito potrebbe essere puntato su un’altra eccezionalità che, curiosamente, non è cervellocentrica, ma corpocentrica. Con un corpo più piccolo, ma con un cervello più grande di quello delle grandi scimmie, la specie umana si discosta molto dal rapporto tra dimensioni del corpo e dimensioni del cervello che si applica a tutti gli altri primati, grandi scimmie comprese. I recenti sforzi a sostegno di questa unicità si sono concentrati sulla ricerca di differenze genetiche tra esseri umani ed altri primati , nonché nell’evidenziare particolarità a livello cellulare , ma questi studi non hanno portato ad alcuna conclusione definitiva.
Considerare il cervello umano come unico richiede dunque la necessità di classificarlo come un outlayer: un’eccezione alla regola, qualunque essa sia. Un aspetto che ha però poco senso in termini evoluzionistici. Se si afferma e si insegna che l’evoluzione è l’origine della diversità della vita, e se si studiano le tendenze e le leggi che si applicano ai regni, ai generi e agli ordini nel loro complesso, non ha nessun senso proporre regole che si applicano ad altri primati ma non a noi. D’altro canto, secondo Richard Haier, dell’Irvine College of Medicine, le capacità cognitive potrebbero dipendere non dal volume totale del cervello, ma dal volume della materia grigia di alcune aree specifiche. Dopo aver studiato con la risonanza magnetica l’immagine del cervello di soggetti adulti con quoziente di intelligenza normale, il ricercatore americano ha sottolineato che esiste un flusso continuo di informazioni che vengono elaborate dal cervello ma l’intelligenza sembra essere correlata solo al funzionamento efficiente di poche strutture (nei lobi frontali e parietali), all’interno delle quali più materia grigia c’è, meglio è.
Dare un senso alla complessità del cervello non è dunque facile. Sta di fatto che, a differenza di quello animale, il cervello umano è responsabile delle sue capacità per l’arte, la musica, la lingua, il pensiero razionale e i giudizi morali, determinando così la personalità di ciascun individuo. Ripropongo dunque la domanda: cosa ci rende umani? La risposta che mi sono dato, forse troppo semplice rispetto alle argomentazioni appena presentate, è che ciò che ci rende umani è proprio il nostro cervello, l’unico, al momento, in grado di studiare altri cervelli.
Ringraziamenti
Questo libro nasce da un paziente lavoro di collezione di informazioni e di immagini che hanno costituito l’ossatura delle lezioni che ho tenuto, a partire dal 1992, all’Università dell’Aquila, e dal 1997 in poi, all’Università degli Studi di Milano. Un ringraziamento particolare a Roberto Esposti (ricercatore di Fisiologia Umana – UNIMI) e Francesco Bolzoni (assegnista di Fisiologia Umana – UNIMI) per aver visionato, discusso e corretto molti dei capitoli.

Gli autori:
P. Cavallari

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